Perché “pensierisfusi”


Avrei voluto fare il Liceo Classico.

Alla scuola media di Santo Stefano di Cadore (dove ero un discreto, anche se non eccellente, studente) dicevano che fossi portato per le materie che lo caratterizzavano ma, in famiglia, decidemmo che sarebbe stato meglio non sfidare troppo la sorte; anzitutto perché non sarebbe stato certo che io avessi avuto le capacità per raggiungere un obiettivo così ambizioso; poi perché con un diploma di un Istituto “tecnico” avrei potuto entrare subito nel mondo del lavoro (non si sa mai nella vita) o, come poi è accaduto, iscrivermi comunque all’Università e fare ciò che mi sarebbe piaciuto fare.

Fu così che anch’io, come mio padre prima ed i miei fratelli Raffaele e Stefano poi, mi diplomai all’Istituto Tecnico per geometri, pronto, al bisogno, per intraprendere l’avventura del “geometring”, diventare il boss locale dei permessi a “farne di ogni” e, semmai, diventare anche Sindaco (cosa che grazie a Dio era una delle poche cose che già allora escludevo in modo categorico).

In famiglia, a diploma ottenuto, mi dissero che se avessi voluto, avrei potuto iscrivermi all’Università ed io, naturalmente, presi la proposta in seria considerazione.

Mi sarebbe piaciuto iscrivermi a Filosofia o a Giurisprudenza, per poi, semmai, a spese mie fare qualche MBA (che allora tutti chiamavano genericamente Master), per, successivamente, affidarmi al fato. Credo avrei potuto essere un buon dirigente d’azienda, seppure senza infamia e senza lode, perché avrei solo lavorato per altri (cosa che non mi attraeva particolarmente).

Decidemmo che la strada giusta fosse però quella di iscrivermi ad Ingegneria, anche per compiacere il desiderio di sempre del mio papà; Lui, ci teneva molto e, senza dubbio, un disegno per noi quattro fratelli in testa ce l’aveva già più o meno predefinito, per cui dire di no, sarebbe stata da parte mia una chiara lesione del quarto Comandamento.

Fu così che mi iscrissi ad ingegneria, riposi i miei sogni classici nel cassetto e non pensai più per tanti anni a carriere diverse da quelle che avrei scelto in quel settore (e che si sarebbero comunque basate su qualche tipo di successiva intrapresa personale ed autonoma).

Scelsi, con i miei fratelli e soci da sempre, di intraprendere nel settore dell’ingegneria a supporto della gestione del ciclo di vita delle infrastrutture, coniugando la voglia di fare qualcosa di nostro con le possibilità di fare qualcosa che piacesse un po’ a tutti noi (magari anche a me).

Ed eccomi qua, quarantatré anni dopo a “constatarmi” ingegnere, Presidente di un gruppo con mille ingegneri (che, a differenza mia, fanno gli ingegneri), mentre a me continua a mancare tantissimo la possibilità di esercitarmi in qualcosa che ho sempre sentito come un destino, ovvero formalizzare idee e pensieri che, condivisi con qualcuno, potessero essere occasione di confronto e di crescita anche al di fuori delle mie attività professionali e di istituto, pur essendone affini.

Diciamo che se anche, ai tempi, avessi fatto filosofia (con o senza MBA), probabilmente sarei qua comunque a constatare di essere Presidente di qualcosa, perché l’imprenditore lo avrei fatto in ogni caso, se non altro per non rispondere ad altri dei rischi che inevitabilmente durante la mia carriera mi sarei dovuto assumere. Rischio per rischio, fin dal piccolo, ho sempre pensato che tanto valeva rischiare del proprio e metterci la faccia: almeno non avrei danneggiato altri.

In definitiva, nella mia vita è successo ciò che, pur non sapendolo ai tempi delle scelte di vita post diploma, ho poi fatto.

Ho fatto e faccio l’imprenditore in una settore di mercato ai tempi gradito alla mia famiglia (l’ingegneria) e che, poi, si è rivelato, per quanto impegnativo (ma sarebbe stato così in ogni ambito), affascinante e quasi unico: quello dell’ingegneria multidisciplinare e integrata, dove la materia prima è la conoscenza, i layout produttivi sono i cervelli umani (macchine perfette anche se complesse), i prodotti sono idee che poi si trasformano in “fatti” che si toccano e che, se benfatti, sono sempre un beneficio per il sistema nella sua globalità; gli scarti di produzione sono dati e informazioni che, riaggregati, possono essere ogni volta fonte di diversificazione. E’ affascinate perché chi fa questo mestiere ha come limite solo la propria capacità di creare e proporre scenari nuovi, a volte addirittura inventando di sana pianta mercati che fino a quel momento non esistevano.

A posteriori fare impresa in questo mondo è stato per uno che si sarebbe volentieri dedicato agli studi classici, il massimo che si sarebbe potuto ottenere, perché il suo mercato è un complesso ma affascinante, combinato-disposto tra studio senza soluzione di continuità, capacità di analisi e di sintesi, creatività, conoscenza tecnica e simulazione dei passi successivi ed evolutivi dei sistemi.

Energia pura per la mente e “luogo” vicinissimo, se non quasi sempre sovrapposto, alla necessità di conoscenze multidisciplinari. Insomma, il massimo per ogni piccolo aspirante “Seneca”.

A marzo 2022 mi ero ripromesso di riassumere nei successivi dodici mesi in un libro “normale” alcune cose che riguardassero questa avventura: non tanto una storia d’impresa (non c’era e non c’è nulla da celebrare al momento ma solo tanto ancora da lavorare), quanto una serie logica e razionale di ragionamenti che, percorrendo le esperienze professionali dei miei primi quarant’anni d’impresa, mi consentissero di raccontare come, dopo la pandemia Covid, i mercati dell’ingegneria si sarebbero evoluti, cercando un nesso circolare tra Transizione Energetica, Transizione Digitale e Transizione Ecologica, tutti pillars concatenati nell’obiettivo di azzeramento dell’Impronta dei GreenHouse Gas in atmosfera.

L’impresa del libro classico si è da subito rivelata ardua, non solo per la complessità degli argomenti e le logorroiche digressioni che uno che avrebbe voluto studiare filosofia sarebbe stato “portato” a fare “sull’universo mondo”, quanto per l’impossibilità di dedicare quotidianamente all’impresa tutto il tempo e le attenzioni necessarie per scrivere cose compiute e razionalmente legate tra loro senza trascurare il resto.

Invece di un libro, a fine autunno 2022 ho deciso di optare per altri strumenti, visto che ciò che nel dopo Covid è accaduto a livello professionale mi aveva costretto a produrre molto materiale “di bisogno” che, nel suo complesso, era più che sufficiente non per scrivere un libro solo ma utile per scriverne tre o quattro, con il pericolo incombente di distogliere completamente la mia attenzione dalla necessità di pensare a come portare a casa un “panino” alla fine del mese per me e per tutti i dipendenti dell’impresa che ancora oggi i miei soci vogliono che io presieda.

Poi, che senso avrebbe avuto scrivere uno o più libri se la cosa fosse solo servita per mettere egoisticamente in ordine le mie idee ed a formalizzare qualcosa che nella pratica si sarebbe comunque trasformato in attività quotidiana d’impresa?

Non avrebbe avuto nessun senso compiuto e pratico, visto che sicuramente da questo mio lavoro non avrei ricavato nulla quasi nulla in termini tangibili, se non, forse, un po’ di prestigio tra i miei colleghi in azienda e magari un minimo di attenzione in più presso i miei clienti.

Per mille motivi l’idea del libro classico è stata così pian piano surrogata da quella di riassumere, caso per caso, alcune riflessioni pratiche sui Social, sia attraverso la mia pagina personale che usando quella dell’Associazione Comelico Nuovo; luogo, quest’ultimo, di discussione da me istituito nel gennaio 2022 per condividere con i quasi 3700 simpatizzanti, fatti, circostanze, opportunità e desideri non tanto professionali, quanto possibili applicazioni gratuite di cose innovative e utili su un territorio “amico” (per esempio le nuove logiche delle Comunità Energetiche o i vantaggi dei Crediti di Carbonio).

L’utilizzo dei Social mi era sembrata una buona idea, perché nel mio immaginario innocente e vergine, mi avrebbe consentito di prendere due o tre piccioni con una sola fava e di generare ricadute gratuite nella Valle in cui ero nato e dove ancora risiedevo. Sarebbe stato un processo win-win: io avrei scritto e proposto idee e discussioni, molte di queste sarebbero state promosse da me a mercati esterni, il Comelico si sarebbe ritrovato gratis un know how pregiato ed una crescente alfabetizzazione su molti temi attuali, innovativi e finanziabili attraverso i fondi PNRR o direttamente.

Lo avrei fatto volentieri e non ci avrei guadagnato nulla, perché avrei ritenuto eventuali proposte di incarico non accettabili sia per onestà intellettuale che per eleganza.

Nulla di più sbagliato, perché per mille motivi, questa cosa invece che scatenare dei brain storming positivi, si è trasformata quasi subito in un processo ai modi di comunicare, ha fatto emergere in alcuni disagi personali ed imbarazzi più collettivi, ha turbato trend in atto ed equilibri fortemente consolidati, anche se quasi statici. Oltretutto equilibri preesistenti ed a tutti gli effetti non modificabili, perché oramai “incrostati” dalle mille prebende offerte ai pulcini da una chioccia probabilmente interessata non tanto al Comelico, quanto ad altro.

La tempesta di cervelli che auspicavo si è rivelata un boomerang, pur dimostrandosi nel contempo per me un ottimo strumento di misura di una realtà locale che mai avrei immaginato fosse fatta in quel modo.

Colpa mia, non certo del sistema esistente. Fossi stato più intelligente ed esperto, avrei dovuto solo continuare a fare ciò avevo fatto nel trent’anni precedenti: cioè nulla.

La lezione dell’impossibilità di fare qualunque cosa è stata tanto amara quanto utile, perché mi ha insegnato che i Social sono fatti per fare i social e sono dedicati alle cose futili; che non sono affatto un luogo di discussione propositiva come mi illudevo potesse essere (avessi studiato il fenomeno Ferragni non avrei certo fatto queel’errore); che la possibilità di dare fiato, attraverso di essi, ad ogni tipo di libera “ignoranza” genera solo perdite di tempo (come quello che si mette a discutere di nucleare e forni di cremazione come se fosse un novello Enrico Fermi ); che non è pensabile usare un Social come uno strumento di e-learning; che è inutile provare a creare valore aggiunto a qualcuno, se il destinatario finale ti vede più come una minaccia ai suoi ed agli altrui disegni, piuttosto che come una opportunità per crescere ed evolvere collettivamente e con una accelerazione sufficiente a cogliere tutte le opportunità congiunturali.

Disattivata anche la via dei Social come strumento e preso atto della magnitudo dei vari fenomeni locali in Comelico, la cosa più logica e semplice da fare era quella di “smontare” questa infernale ed inutile macchina e riprendere in mano le cose senza tante mediazioni con chi, fin dall’inizio, aveva come unico obiettivo solo quello di far implodere la macchina (cosa, peraltro, impossibile da fare, non perché difficile in sé ma perché una partita in difesa in questi casi, per chi fa il mio mestiere, è quasi un software di default in grado di respingere qualsiasi attacco).

Ed è in questo contesto che ha preso forma l’idea di un blog tutto mio, probabilmente il giusto strumento per comunicare in modo digitale cose che starebbero bene anche in uno o più libri normali ma senza più interferenze esterne, condizionamenti e perdite di tempo per condividere tecniche e tattiche di comunicazione con altri, probabilmente (e giustamente) animati da obiettivi personali diversi rispetto ai miei.

pensierisfusi.it nasce, allora, prima di tutto per eliminare il disagio dei singoli e poi per consentirmi di esprimere liberamente e senza vincoli, come ho sempre fatto in vita mia, i miei pensieri (assumendomene, ovviamente, la responsabilità).

Il blog vuole poi condividere, con chi vorrà partecipare, argomenti complessi, la cui trattazione richieda prioritariamente con essi una “opportuna” convivenza, così da evitare di dire o scrivere inesattezze che come unico obiettivo potrebbero avere quello di far perdere strumentalmente tempo a tutti e, non ultimo, in qualche modo urtare la sensibilità e la pazienza di coloro che (come me e molti altri) prima di esprimersi su ogni cosa, studiano, riflettono e poi si esprimono.

Il blog è poi un luogo libero: se ti va lo leggi, se De Bettin lo ritieni maleducato o doppiogiochista (perché chi fa il doppiogiochista alla fine pensa che siano tutti come lui), non ci vai e non lo consideri.

Diciamo che pensierisfusi.it è, di fatto, per me una liberazione dai pesi delle deboli menti: finalmente smetteranno di essere per me un problema e nel loro intimo potranno riprendere il loro tran tran quotidiano, spesso dipinto da interessato ma inutile buonismo e, soprattutto, funzionale solo ai loro specifici obiettivi. Tutto legittimo e tutto molto bello: poco utile per il Comelico ma molto utile a chi il Comelico lo vede solo come una delle tante mucche da mungere.

pensierisfusi.it mi consentirà di discernere in modo urbano e senza peli sulla lingua fatti sociali, socio-economici, politici, tenici ecc. senza dover limare o tacere cose che nel loro “dunque” potrebbero turbare la tranquillità e la vita di quelle persone che ai Social ed all’Associazione partecipavano più per crearsi un trampolino personale che per la reale volontà di fare le cose per gli altri (forse anche perché intimamente cosci di non esserne capaci).

pensierisfusi.it per isituto sarà strutturato per argomenti, nell’ambito di ognuno dei quali condividerò o documenti elaborati negli ultimi vent’anni di esperienza lavorativa o di vita (ad oggi racchiusi nel mio folder “Discorsi scritti ma mai fatti”), o idee e riflessioni secondo me utili alle varie cause, tra le quali quella della rivoluzione ecologica che l’Europa e l’Italia vivranno da qua al 2030, nella convinzione che nessun treno sarà perduto e che il PNRR italiano sarà gestito nel migliore possibile dei modi.

Il Comelico, prima per me centro, non sarà più l’obiettivo del “positivo gratuito” da provare a creare, perché ha dimostrato di non averne bisogno e di non volerlo, perché senza dubbio ha già in sé la capacità di poter rincorrere e centrare grandi obiettivi anche senza un “grillo parlante” come me, spesso più fastidioso che utile e spesso più “tarma” che grillo.

Vi sarà tuttavia, se non altro per tigna, una sezione dedicata al “Comelico Nuovo”, dove un po’ per volta renderò esplicito ciò che ho scoperto in diciotto mesi di duro ed alacre lavoro.

Là scriverò anche ciò che si potrebbe fare e ciò che si dovrebbe fare per cogliere le occasioni congiunturali che ci saranno, lasciando poi a chi di dovere l’onore e l’onere di realizzarlo (un po’ come è accaduto nel caso della galleria, dove, dopo aver trovato soluzioni e soldi ho, per rispetto, passato la mano a fine settembre scorso al Presidente dell’Unione Montana ed alla ViceSindaca del mio ex Comune).

Chi leggerà il blog potrà confrontare ciò che sarà proposto, con ciò che verrà poi realizzato, per ringraziare, successivamente, chi lo realizzerà (ma non certo con il supporto del titolare di questo blog).

Il Comelico era per me il centro del mondo. Ora è un luogo importante ma ampiamente in periferia rispetto agli argomenti d’impresa ed alle relative derivate sociali prive di lucro che comunque svilupperò.

Al Comelico ed alla sua gente io auguro Buon Viaggio, certo che sicuramente è in buone mani e anche nei prossimi anni sarà comunque in buone mani.

Più in generale, non so se sarò all’altezza di produrre almeno un minimo di valore aggiunto per chi mi seguirà.

Me lo auguro.

Per certo ci proverò e, ovviamente, me ne assumerò tutte le responsabilità.

Come sempre, altrimenti non farei il lavoro che faccio.


6 risposte a “Perché “pensierisfusi””

  1. ciao Francesco, il detto nessunno è profeta in patria vale solo a metà, molti ti avranno dato contro in Comelico ,ma molti altri hanno e vedono in te uno dei suoi figli migliori.
    Al tempo inè galanton e te darà sodisfaźion

  2. Egregio Ing.
    già la prima pubblicazione mi piace e mi incuriosisce veramente tanto, ciò che si potrebbe fare e si dovrebbe fare per il Comelico, sono sicuro che si potrà proiettare in tantissime altre realtà.
    Per cui rimango in curiosa attesa delle prossime pubblicazioni convinto che saranno (almeno per me e spero per molti altri) illuminanti e fonte di ispirazione.

    Distinti saluti,

    Matteo M.

  3. Un’anima bella e inquieta che è riuscita a trasformare idee in fatti e che non vuole arrendersi alla mediocrità. Il destino di un ingegnere vero che crea, che produce beni e servizi, che non si accontenta di passare il tempo vivacchiando. Siamo quasi coetanei, con storie diverse ed a latitudini differenti ma accomunati molto più di quanto la nostra sempre superficiale conoscenza abbia consentito di scoprire negli ultimi anni. Tu hai avuto la capacità di fare l’imprenditore mentre io ho scelto la strada più tranquilla del dipendente pubblico. Entrambi ci sentiamo, ma io credo che alla fine lo siamo, degli innovatori che riescono a vedere prima di altri certe dinamiche e non si rassegnano a vivere in un mondo disegnato da altri. Non mollare amico mio perchè le tue riflessioni, i tuoi pensieri stanno troppo stretti nella Valle che ami tanto e devono invece diventare occasione di riflessione di portata ben più ampia per aiutare i giovani a vivere con emozione il proprio futuro. Io cercherò di starti dietro sperando che arrivi presto il momento in cui, liberatomi dei vincoli che il ruolo mi impone, potrò come te scrivere liberamente di tutto quello che mi interessa.

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