Tentativi di riflessione e modellazione ingegneristica di un paragone complesso
La vicenda ChatGPT ha riportato bruscamente alla pubblica attenzione il tema del “pericolo” per l’umanità di un incontrollato e non governato sviluppo dell’intelligenza artificiale, ipotizzando che il “povero” Sapiens Sapiens possa “orientare” consciamente anche il suo modo di evolversi (manco fosse Dio, per chi ci crede, e manco non stesse lavorando per trasformarsi pian piano in un cyborg).
Il tema vero è che, nel mentre tutti si sono trasformati in profondi conoscitori dell’Artificial Intelligence (dopo essersi esercitati nelle difficili professioni di Commissario Tecnico della Nazionale, in Immunologi o in Saltatori con l’Asta), nessuno ha provato, a schematizzare che cosa sia l’intelligenza degli esseri viventi (dal batterio all’uomo), prodotto naturale sempre aggiornato in real time dai processi dell’evoluzione teorizzati da Charles Robert Darwin (“biologo, naturalista, antropologo, geologo ed esploratore britannico, celebre per aver formulato la teoria dell’evoluzione delle specie vegetali e animali per selezione naturale agente sulla variabilità dei caratteri ereditari, e della loro diversificazione e moltiplicazione per discendenza da un antenato comune” da Wikipedia).
Forse varrebbe la pena provare a definire l’Intelligenza degli esseri viventi anche in modo semplicistico, non prima, tuttavia, di aver sintetizzato cosa si intenda comunemente oggi per “Intelligenza Artificiale”.
“L’intelligenza artificiale (in sigla IA) è una disciplina che studia se e in che modo si possano realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano.
Definizioni specifiche possono essere date focalizzandosi sui processi interni di ragionamento o sul comportamento esterno del sistema intelligente e utilizzando come misura di efficacia la somiglianza con il comportamento umano o con un comportamento ideale, detto razionale:
- Agire in modo analogo a quanto fatto dagli esseri umani: il risultato dell’operazione compiuta dal sistema intelligente non è distinguibile da quella svolta da un umano.
- Pensare in modo analogo a quanto fatto dagli esseri umani: il processo che porta il sistema intelligente a risolvere un problema ricalca quello umano. Questo approccio è associato alle scienze cognitive.
- Pensare razionalmente: il processo che porta il sistema intelligente a risolvere un problema è un procedimento formale che si rifà alla logica.
- Agire razionalmente: il processo che porta il sistema intelligente a risolvere il problema è quello che gli permette di ottenere il miglior risultato atteso date le informazioni a disposizione.
L’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi poiché manifesta aspetti etici oltre che teorici e pratici.
Stephen Hawking nel 2014 ha messo in guardia riguardo ai pericoli dell’intelligenza artificiale, considerandola una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità.” (da Wikipedia)
Tuttavia, chiunque si avventuri oggi nella previsione del futuro dell’AI, lo fa a suo rischio e pericolo, se non altro perché l’argomento non solo è ostico ma, come già detto, ha la prodromica necessità di una modellazione dell’intelligenza oggi utilizzata proprio da noi “arroganti” Sapiens, Sapiens: specie vivente “presuntamente” superiore e che oggi vorrebbe anche sostituirsi all’evoluzione teorizzata da Darwin ed accelerata dalla scoperta dei microchip e dall’applicazione della famosa Legge di Gordon Moore (cofondatore di Intel con Robert Noyce nel 1965 e, di fatto, il vero responsabile di tutti i guai attuali generati dallo “spaventoso” – ma ineludibile – fenomeno dell’intelligenza artificiale).
Molto più modestamente crediamo che sia necessario almeno tentare un esercizio di modellazione dell’unica intelligenza ad oggi più o meno nota: quella delle specie oggi viventi, basate sul ciclo del carbonio e, nel loro insieme, componenti essenziali della biosfera che conosciamo.
Definire l’intelligenza è cosa complessa, anzitutto perché alla sua formazione concorrono molteplici variabili e, contemporaneamente, perché ciò richiede un approccio olistico visto che, anche se, forse solo in apparenza, la sua consistenza assoluta parrebbe poter variare in meglio o peggio nel corso della vita di qualsiasi individuo (insomma, uno potrebbe essere più o meno intelligente in base alle congiunture che vive, spesso comportandosi anche da stupido pur generalmente non essendolo).
Ricondurre una definizione complessa ad una formulazione semplice è uno dei test con i quali confrontarsi per misurare la propria intelligenza, per poi poterla raffrontare con l’intelligenza artificiale e per valutare l’entità della presunta minaccia).
Prima di entrare nella sua definizione per l’umano, è necessario distinguere intelligenza da cultura, pur tenendo ben presente che le due qualità non solo si complementano perfettamente ma, addirittura, entrano in risonanza e si eccitano sempre vicendevolmente, distinguendo in tal modo la specie “uomo” dagli altri esseri viventi (vegetali, animali e, con qualche forzatura, tecnologici).
La condizione di “risonanza” è certamente vera per l’essere intelligente che si accultura (rendendosi ogni volta conto che, per quanto possa imparare, in conclusione, è destinato a restare un eterno ignorante), mentre non sempre è vero che l’uomo acculturato sia anche intelligente: esistono fior fior di persone colte che dispongono di una intelligenza minimale, apparendo colte più per la buona memoria che per il livello dei ragionamenti che sono in grado di sviluppare nella maggior parte delle situazioni.
Inoltre, e questo distinguo impatta e sfocia in altre tematiche che caratterizzano l’antropologia filosofica e teologica, è il prodotto dell’intelligenza definito genericamente come “pensiero” che concorre a giustificare l’esistenza dell’anima per tutti coloro che credono nell’esistenza mistica ed esoterica di un grande “architetto” dell’Universo e, almeno per la specie umana, nella sua eternità: concetto che accetta, l’esistenza di un tempo assoluto, nel mentre è ben noto che la teoria della fisica relativistica, in qualche modo lo rende variabile in base al concetto assoluto di velocità della luce ed al progressivo degrado dell’energia in entropia.
Il “pensiero” altro non è che una ulteriore trasformazione dell’energia che, a pieno titolo, dovrebbe rientrare nel “bilancio energetico” che si studia nella Fisica classica, per arricchire l’equazione che descrive il secondo Principio della Termodinamica.
Sarà probabilmente l’energia del pensiero l’unica a permanere quale fonte pura nel momento in cui l’entropia dell’Universo sarà massima (ovvero al raggiungimento della sua espansione massima).
Ciò premesso e ben distinto il concetto secondo cui l’intelligenza deve essere definita in modo indipendente dal bagaglio culturale ed esperenziale di ogni individuo, per un ingegnere l’Intelligenza potrebbe essere “l’insieme delle caratteristiche e dei processi che abilitano un qualsiasi individuo vivente ad ogni possibile creazione di valore rispetto alla situazione del sistema in essere nell’istante in cui esso si trova”.
In altri termini l’intelligenza è l’ingrediente alla base di ogni evoluzione possibile del sistema al quale ogni individuo vivente appartiene: in termini meno formali è quel po’ di “sale” nella vita di un individuo che rende la vita degna di essere vissuta per gli altri e per sé stessi.
Ma, cosa si intende per “insieme delle caratteristiche e dei processi” abilitanti?
Anzitutto è necessario elencarli, assegnando loro il privilegio del “lemma matematico”, utilizzato nelle trattazioni scientifiche, cercando di ridurne il numero necessario allo scopo al minimo indispensabile, così da mantenere basso il livello di complessità.
Se ne possono identificare fondamentalmente tre, tenendo conto che ognuno a sua volta può essere (ed è) suddivisibile in sottogruppi omogenei di numerosità a piacere. Essi sono:
- Capacità di calcolo: che si estrinseca nella velocità di elaborazione delle informazioni acquisite dall’individuo in ogni circostanza della sua esistenza e nella successiva assunzione di decisioni operative;
- Sensibilità: che esprime la capacità di ogni individuo di comprendere la condizione in cui si trova, adattandosi e ponendosi, dapprima, in condizioni di sicurezza e, successivamente, traendone il massimo vantaggio compatibile con con la propria sopravvivenza nell’ambiente in cui si trova;
- Creatività: che indica genericamente la capacità cognitiva di creare e inventare soluzioni innovative a problemi noti o, fino a quel momento, incogniti o nuovi.
I tre elementi si integrano e sono sinergici in modo direttamente proporzionale alla cultura verticale e multidisciplinare dell’individuo su cui sono misurati.
La cultura può essere immaginata come un insieme di silos verticali, ognuno dei quali contiene informazioni tematiche tra loro omogenee.
I tre elementi (i lemmi) grazie alla collaborazione tra loro pescano informazioni dai vari silos e li correlano in modo razionale, originale e finalizzato alla soluzione di situazioni tipiche o nuove.
Intelligenza e cultura creano valore al sistema ed evoluzione o involuzione in base al modo in cui i tre elementi si combinano.
Un malfattore intelligente userà gli elementi per danneggiare un terzo, ricavandone dei vantaggi: creerà valore solo per se ma solo involuzione del sistema.
Uno stupido li userà in modo sconsiderato, danneggiando sé ed il terzo: non creerà valore per alcuno, a cominciare da sé. Infatti è stupido.
Uno sprovveduto (in senso buono) li userà solo per creare beneficio per un terzo, rimettendoci personalmente ma creando evoluzione del sistema (Gesù e San Francesco d’Assisi per citarne i più rappresentativi).
L’intelligente genererà valore ed evoluzione per l’intero sistema, ottenendo benefici per sé e generando comunque benefici per gli altri.
Una macchina possiede una enorme capacità di calcolo e, potenzialmente una enorme cultura (basta creare dei data base omogenei di ogni tipo). Non possiede, tuttavia, alcuna sensibilità e nessuna creatività, a meno che qualcuno non riesca a insegnargliele, trasformandosi non in soggetto intelligente ma solo in qualcosa che può essere intelligente ma privo di ogni tipo di autocoscienza (visto che quella che eventualmente possiede è solo l’automazione di un processo ben definito da qualcun altro).
Un animale (ma spesso anche qualche essere umano) possiede una spiccata sensibilità (pensiamo alla capacità di percepire un pericolo ed assumere subito e di istinto le contromisure per sopravvivere) ma non ha la creatività per evitare nel futuro situazioni analoghe.
Molti umani dispongono della capacità di calcolo e della creatività senza disporre della sensibilità per metterle a disposizione degli altri, pensando solo a sé stessi.
La persona intelligente, come detto, miscela continuamente le tre caratteristiche con l’obiettivo di essere felice, donando sé stesso agli altri ed all’evoluzione positiva delle cose, tenendo conto sempre di essere un nulla di fronte all’infinito.
L’intelligenza è, dunque, in questo primordiale modello, un “motore” costituito da tre ingranaggi potenti (capacità di calcolo, creatività e sensibilità) collegati tra loro da potenti “cinghie di trasmissione”, obbligate, per motivi fisici, ad operare mantenendo sincrono il sistema, pena la loro rottura e, di conseguenza, dell’autodistruzione del motore.
Si potrebbe anche costruire un “corollario” a questo modello, dimostrando che più i tre ingranaggi hanno dimensioni simili, più potente è la macchina a parità di energia immessa, ovvero più elevato è il quoziente di intelligenza “equilibrata”.
Appare evidente e logico come la diversità di diametro degli ingranaggi del motore, caratterizzi in modo sostanziale il tipo di intelligenza, perché, per esempio, un soggetto che avesse grande “creatività” e “notevole capacità di calcolo” ma fosse privo di “sensibilità”, a tutti gli effetti si trasformerebbe in un essere infrequentabile ed insopportabile per gli altri, perché caratterizzato, certamente ed almeno, da supponenza, arroganza e incapacità di qualsiasi relazione positiva con chiunque, soprattutto se al motore si associassero poi data base di informazioni e dati molto ricchi o “presuntamente ed ottusamente” ricchi.
Ciò detto, qualora il superficiale e grezzo modello di “intelligenza” descritto fosse verosimile, appare chiaro che nessuna macchina potrà mai disporre di un “motore” così equilibrato e potente (se non in termini di capacità di calcolo, perché impossibilitata a disporre di una “sensibilità creativa” dinamica ed adattabile ad ogni situazione.
Direi che potremmo dormire sonni tranquilli ancora per molti anni ed utilizzare ChatGPT per tutto ciò che potrà fare per renderci la vita più semplice.
Così, per diletto, ho chiesto a ChatGPT cosa sia e quanto fosse pericolosa.
La risposta è la seguente (e dimostra che il modello ingegneristico grezzo di intelligenza sopra definito, potrebbe essere considerato abbastanza già così abbastanza buono):
“L’intelligenza artificiale (IA) e, in particolare, i modelli di linguaggio come ChatGPT offrono molti vantaggi e opportunità nel migliorare la produttività, la comunicazione e la risoluzione dei problemi. Tuttavia, esistono anche alcuni pericoli e preoccupazioni legati all’uso dell’IA. Tra questi:
- Impatto sul lavoro: L’automazione di molti compiti tramite l’IA può portare alla perdita di posti di lavoro, in particolare per i lavoratori meno qualificati. Questo può causare disuguaglianze sociali ed economiche e richiedere la riconversione professionale di ampie fasce della popolazione.
- Bias e discriminazione: Gli algoritmi di IA possono ereditare e amplificare i pregiudizi presenti nei dati di addestramento, portando a decisioni discriminatorie e ingiuste in ambito sociale, economico e legale.
- Privacy e sorveglianza: L’IA può essere utilizzata per monitorare e analizzare le attività delle persone, mettendo a rischio la privacy individuale e la libertà di espressione.
- Sicurezza e abuso: I sistemi di IA possono essere utilizzati per scopi malevoli, come il riconoscimento facciale per la sorveglianza di massa, la diffusione di disinformazione o l’uso di droni autonomi in operazioni militari.
- Autonomia e responsabilità: Con l’aumento dell’autonomia delle macchine, la responsabilità delle decisioni prese dalle IA diventa meno chiara. È importante stabilire chi sia responsabile delle azioni di un’intelligenza artificiale e quali siano le implicazioni legali ed etiche di tali decisioni.
- Dipendenza dalla tecnologia: L’adozione diffusa dell’IA può portare a una maggiore dipendenza dalla tecnologia, riducendo la capacità delle persone di pensare e agire in modo indipendente.
- Singolarità tecnologica: Alcuni ricercatori si preoccupano che l’IA possa raggiungere e superare l’intelligenza umana, portando a scenari imprevedibili e potenzialmente pericolosi.
Per mitigare questi pericoli, è importante che i ricercatori, gli sviluppatori, i decisori politici e la società lavorino insieme per creare regolamentazioni, standard etici e tecnologie responsabili che garantiscano l’uso sicuro e benefico dell’IA.”
2 risposte a “Onanismo sull’intelligenza degli esseri viventi: l’Intelligenza Artificiale sarà sostitutiva e surclasserà quella umana?”
Concordo con te Francesco, infatti dei tre “lemmi matematici” che tu per semplificare hai elencato, quelli che l’Intelligenza Artificiale non riuscirà ad imitare sono proprio, la Sensibilità e la Creatività, elementi caratteristici invece dell’intelligenza umana e credo legati ad un aspetto fondamentale dell’evoluzione con radici quindi nella biologia e nella fisica stessa della natura in cui viviamo, questo aspetto si chiama caos. Siamo abituati a vedere il caos come un aspetto negativo e perturbante del nostro mondo, invece esso è fondamentale proprio perché, come già Poincarré aveva evidenziato, esso aggiunge quell’aspetto indeterministico alle cose rendendo qualsiasi sistema sensibile alle piccole perturbazioni e perciò “non prevedibile”. Sono fenomeni che possiamo sperimentare ogni giorno a partire dal tempo meteorologico, dal movimento delle nubi per giungere al comportamento delle particelle e agli effetti quantistici. Tutte caratteristiche a cui solo la mente umana e quindi il suo prodotto, l’intelligenza, sono sensibili. Una delle letture più illuminanti che hanno formato le mie convinzioni i tal senso, è stato il libro di James Gleick, Chaos. Dopo averlo letto ho compreso l’apporto fondamentale di questo elemento non come aspetto perturbante e negativo ma come motore fondamentale dell’evoluzione e della creazione, e quello che più conta, un motore non programmabile ne prevedibile. Lo so, da tempo si stanno sperimentando computer quantistici, ma non sono una minaccia in tal senso, essi aumentano esponenzialmente solo la capacità di calcolo e non riusciranno mai ad intaccare l’aspetto indeterministico introdotto dal caos come ben descritto a suo tempo da Edward Lorenz con le sue equazioni ed il sempre affascinante “attrattore”.
Quindi, quando alla fine affermi: “appare chiaro che nessuna macchina potrà mai disporre di un “motore” così equilibrato e potente (se non in termini di capacità di calcolo, perché impossibilitata a disporre di una “sensibilità creativa” dinamica ed adattabile ad ogni situazione”. Concludendo che potremmo continuare ad utilizzare ChatGPT per molti anni ancora, traendone beneficio, non posso che essere pienamente d’accordo con la tua affermazione.
Ciao Gianfranco Sacco Zaut
Grazie Gianfranco. Anch’io ho “divorato” Chaos … illuminante.