COP28 – Dubai: Financial instruments to support climate neutral smart city in the decarbonisation’s contest


“È necessario istituire un Registro nazionale per i Crediti di Carbonio, per garantirne la qualità e regolamentare il mercato volontario, che consenta a Enti Pubblici e Stackeholder privati di finanziare imprese “green” ed al Governo di ricavare introiti dalla loro tassazione” (Francesco De Bettin – COP28 Dubai)

Lo scenario

Il mercato volontario dei crediti di carbonio sta subendo dal 2021 in poi un incremento vertiginoso in termini di volume economico, pur essendo totalmente basato solo sulla volontarietà e su obiettivi reputazionali, grazie alle politiche ‘green’ delle agende internazionali. Nel 2022 ha raggiunto circa 1 miliardo di dollari di volume con una stima che traguarda qualche decina di miliardi entro il 2050.

Il tutto in virtù degli Accordi internazionali che prevedono di azzerare l’impronta di carbonio antropica tra 2050 e 2070: 2050 per l’Unione Europea e per i Paesi più virtuosi; 2070 per le economie emergenti come Cina, India ed altri.

Il ruolo delle città e degli aggregati antropici nell’incremento dei gas serra: dalle Cities alle Climate Neutral Smart Cities

L’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, istituito nel 1988 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, stima che circa il 72% dei Green House Gases (i gas che generano l’effetto serra), sia emesso dagli aggregati antropici, ovvero, principalmente dalle città di qualsiasi dimensione. Ne consegue che per ottenere l’obiettivo dell’azzeramento dell’impronta di carbonio entro il ventennio 2050-2070, le città e le aree urbane sono i primi “fatti antropici” sui quali concentrarsi, programmandone l’evoluzione in Climate Neutral Smart Cities. Si tratta certamente di una impresa difficile ed epocale ma imprescindibile, se si vuole salvaguardare la vita sul Pianeta per come la conosciamo.

Per favorire ed accelerare tale evoluzione, come già peraltro richiesto a livello prototipale dall’Unione Europea a 100 delle sue città entro il 2030 attraverso la IV EU Mission, è auspicabile che alle necessità ingegneristiche, tecniche e digitali si affianchi un dibattito istituzionale volto ad individuare, promuovere e normare gli strumenti più adatti per incentivare e portare a regime il fenomeno della transizione ecologica dalla conclusione del PNRR in poi, senza gravare ulteriormente sulla spesa pubblica.

Strumenti finanziari a sostegno della transizione ecologica

Ciò dovrebbe focalizzarsi anche sullo sviluppo di strumenti finanziari che, agevolino il payback della transizione delle città in Climate Neutral Smart Cities, trasferendo ricchezza da soggetti non in grado di “tendere”, tout court, alla carbon neutrality a coloro che, al contrario, dimostrino la riduzione o l’evitata emissione di GHG rispetto ad una base line misurata prima dell’avvio dei processi che li generano e grazie a nuovi comportamenti e processi virtuosi, nella maggior parte dei casi sostenuti dagli atout che la tecnologia mette a disposizione.

Questi strumenti finanziari sono i cosiddetti Crediti di Carbonio “da riduzione o da evitata emissione” di anidride carbonica equivalente, del tutto identici a quelli più noti denominati Crediti di Carbonio agroforestali o “da assorbimento e segregazione”.

I crediti di carbonio sono, quindi, una delle chiavi finanziarie in grado di accelerare la trasformazione di ogni processo antropico da economia lineare a circolare, ovvero in un modello economico ad emulazione “naturale”, in cui non ci sia spreco di risorse ed in cui tutto ciò che costituisce scarto o residuo di un processo è utilizzabile come materia prima in altri cicli produttivi o antropici.

In ogni caso si tratta di strumenti finanziari destinati ad un mercato completamente volontario, non soggetto a sanzioni, senza quote minime da raggiungere, costituito da soggetti pubblici e privati che, senza alcuna costrizione normativa (i) da un lato, con il loro acquisto traggano benefici di immagine e agevolazioni in termini di appetibilità dei loro prodotti e servizi sul mercato, oltre ad un più agevole ricorso alla finanza o al mercato dei capitali; (ii) dall’altro ricevano con la vendita un premio per la loro “tensione” continua alla neutralità carbonica, ovvero al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto e dall’Accordo di Parigi.

Tra i generatori e venditori di Credito di Carbonio si annovereranno di sicuro le Città che, pian piano, dovendosi obbligatoriamente trasformare in Climate Neutral Smart Cities ed accumulando Crediti di Carbonio da riduzione o evitata emissione di GHG, potrebbero vendere il loro virtuosismo o ad altre città o agli stakeholder privati che non riuscissero o non potessero per mille ragioni a raggiungere la loro neutralità carbonica assoluta.

Parallelamente anche lo Stato potrebbe tassare le transazioni dei Crediti di Carbonio, come per ogni altra transazione economica, andando ad applicare l’IVA e altre imposte, generando così un introito anche per le proprie casse, o potrebbe, in alcuni casi, diventare esso stesso compratore dei crediti, la cui crescita e la cui remuneratività nei prossimi anni è data per certa. Basti pensare che in Europa, dall’uscita del piano Next Generation EU in poi, sul mercato volontario si è passati da un valore medio di 7 euro a credito a quasi 40 euro ed al record di 102 euro di inizio 2023 sul mercato regolamentato ETS, quello dedicato alla decarbonizzazione dei processi industriali e sostenuti dalle misure “hard to abate”. 

Tuttavia, nonostante il mercato dei Crediti di Carbonio sia totalmente basato sulla volontarietà, occorre istituzionalizzare e controllare in modo ufficiale e istituzionale i meccanismi che lo caratterizzano affinché siano esclusi i fenomeni di green washing e le truffe ai danni sia di chi compra, sia dell’ambiente e del Pianeta.

Il Registro dei Crediti di Carbono da riduzione o evitata emissione di GHG: una necessità

Ciò si ottiene attraverso l’emanazione di norme e regolamenti che istituiscano un apposito Registro nazionale dei Crediti di Carbonio “da riduzione ed evitata emissione” di GHG, che emuli né più, né meno quanto già fatto in Italia con l’istituzione del Registro dei Crediti di Carbonio agroforestali “da assorbimento” nell’aprile 2023, peraltro, prima iniziativa normativa al mondo finalizzata alla regolarizzazione di un mercato volontario.

Anche questo Registro, come quello dei Crediti Agroforestali gestito in Italia da CREA, dovrebbe avere come certificatore istituzionale un Ente od un Organismo dello Stato, come, per esempio, ISPRA, ENEA, CNR o altri.

L’esistenza di un Registro nazionale gestito al di sopra di ogni interesse particolare da un Ente dello Stato, darebbe la possibilità agli stakeholder pubblici e privati di operare in sicurezza e con trasparenza, come si conviene per qualsiasi operazione di trading che muova ricchezza da una parte ad un’altra.

Il valore aggiunto che deriva dallo sviluppo dei crediti di carbonio riguarda, dunque, sia nuovi mercati e possibilità di guadagno per imprese ed Enti Pubblici e Privati, sia la qualità della vita di tutta la comunità che intorno ad essi vive e con cui si relaziona che, nel caso della transizione ecologica delle città in città intelligenti a impronta di carbonio nulla, si poterebbe dietro importanti interventi di rigenerazione e razionalizzazione urbana.

I Crediti di Carbonio, nel mentre generano ricchezza come premialità alla decarbonizzazione per i soggetti più virtuosi, fungono anche (i) da un lato come propellente per l’evoluzione delle città in Climate Neutral Smart City del futuro e come motore sociale per una vita più improntata sulla crescita sostenibile; (ii) dall’altro spingono obbligatoriamente chi inquina e che non può tendere, nel breve, a Net Zero, all’innovazione, visto che chiunque, quando fosse costretto a comprarsi la neutralità da altri a più di quanto dovrebbe investire per innovarsi, sceglierà l’innovazione, rendendo costante e permanente nel tempo la sua “tensione” alla neutralità carbonica.


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