La doppia sfida digital & green: raddoppiano le complessità per il Paese e per le aziende?


La complessità non deve mai fare paura, purché non diventi “complicatezza”.
Ed è indubbio che accoppiare sfide, non può che aumentare la complessità.

Accoppiare la sfida green a quella digitale è addirittura riduttivo in questi tempi di PNRR, perché te sue famose tre transizioni hanno un senso compiuto solo se integrare e sincronizzate tra loro proprio per vincere la sfida green.

La “sfida green” conterrà in sé l’obbligatoria cooperazione, nell’ordine, tra transizione energetica, digitale ed ecologica, nel cui combinato disposto la transizione digitale sarà elemento imprescindibile per il buon esito dell’intrapresa.

Siamo, già oggi, chiamati a gestire in modo integrato tra loro sistemi che prima della pandemia Covid 19, di Next Generation Eu e del Green New Deal Eu, potevano essere gestiti indipendentemente, anche se erano tra loro collegate con cinghie di trasmissione utili specificatamente per ognuno ma sempre reciprocamente inutili.

Fossimo nell’analisi matematica, la funzione primaria della “sfida green” è quella della “decarbonizzazione” del Pianeta e, in primis dell’Unione Europea.

E’ questa la funzione da derivare e contestualizzare rispetto a tutte le sfide successive ed in particolare entro il giugno 2026 nell’ambito delle transizioni energetica, digitale ed ecologica, finalizzandole in modo integrato tra loro:

  • al raggiungimento degli obiettivi del Fit for 55 (Pronti per il 55%) – un pacchetto di riforme e regolamenti economici e sociali incentrate sulla lotta al cambiamento climatico e alla riduzione delle emissioni di gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990;
  • all’azzeramento totale della Carbon Foot Print entro il 2050 – ovvero al raggiungimento della parità tra emissioni ed assorbimento di Green House Gas.

La complessità sta, dunque nell’integrazione congruente ed ottimizzata delle tre, per dare una risposta concreta all’azzeramento dell’Impronta Carbonica dell’Europa e del Pianeta.

Sarà, infatti, il paradigma della “sfida green” a guidare lo sviluppo dei prossimi ventisette anni, seguendo il solco di una sostenibilità ottenibile attraverso la combinazione di transizione energetica, transizione digitale e “modellazione, ottimizzazione e automatizzazione” di buone pratiche antropiche, tutte integrate tra loro a genere la transizione ecologica che ci condurrà entro il 2050 ad una economia circolare compatibile con la neutralità carbonica.

Gate alla “sfida green” è la transizione energetica, basata sul passaggio:

  • dall’utilizzo delle fonti fossili (carbone, petrolio, gas) a quelle rinnovabili (acqua, solo vento, gradiente geotermico, biomasse e biogas) per la produzione di energia elettrica, la più pura ed utile all’uomo ed alle sue attività;
  • dal sistema di generazione e distribuzione elettrica attuale alla “generazione distribuita”, con regolazione dei picchi attivi e passivi e l’accumulazione degli eccessi temporanei nel vettore energetico “idrogeno verde” (tra l’altro elemento indispensabile per produrre e-fuels e garantire la vita dei motori endotermici dal 2035 in poi).

La variabilità della produzione elettrica da fonti rinnovabili, generata dall’impossibilità di pianificazione e controllo, renderà indispensabile affiancare alla transizione energetica quella digitale, anche per abilitare la settima fonte di energia rinnovabile, basata sull’efficienza ed il risparmio energetico, base della “rigenerazione urbana”.

In poche parole, senza transizione digitale ben poco lontana andrebbe quella energetica ed impossibile sarebbe quella ecologica, poiché entrambe basate su tecnologie, telematica e cloud dedicati alla gestione dei processi antropici caratteristici delle città e dei territori.

La “sfida green” obbligherà la rapida decarbonizzazione delle aree antropiche (città e territori urbanizzati), individuate dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) tra le principali fonti di emissione di GHG, seguendo le indicazioni del Green New Deal Eu.

Questo strumento è già in fase di prototipizzazione attraverso cinque Misure, di cui la quarta finanzia con 360 milioni di euro il programma “100 Climate Neutral Smart City 2030”, stanziati, in questa fase, a favore di cento città europee (tra cui nove italiane), ad ognuna delle quali è assegnato il compito di sviluppare ed automatizzare in modo completo almeno un processo antropico a mo’ di case history da condividere e successivamente standardizzare a livello comunitario.

Sfida green” e “Sfida digitale” sono destinate a convergere in modo simbiotico a supporto dell’evoluzione di città e territori in sistemi intelligenti, tendendo a medio lungo termine alle Climate Neutral Smart Land, la cui Smart Governance sarà abilitata dall’ineludibile utilizzo delle tecnologie digitali.

La disponibilità di reti a banda ultra-larga, 5G, IOT, di data center ed Edge data center, “fatti” prodromi a cloud, big data e Intelligenza artificiale saranno, quindi, come logico e già noto, gli elementi digitali che consentiranno di provare a vincere la “sfida green”, madre di tutte le sfide finalizzate alla tutela della biosfera che conosciamo e che, con l’incremento dell’effetto serra e delle temperature del Pianeta, rischia di essere, entro fine secolo, irrimediabilmente compromessa.

Il dato di fatto è che sta nascendo un nuovo ed interessante mercato per ingegneria, scienze applicate, telecomunicazioni, piattaforme telematiche, tutela delle informazioni, Cybersecurity, Intelligenza Artificiale a servizio di quello che sarà lo Smart People chiamato ad esprimere, democraticamente, coloro che attraverso l’utilizzo delle tecnologie saranno chiamati a gestire la Smart Governance.

Il problema vero è dove e come trovare le risorse per avviare e gestire un’evoluzione così rapida di sistemi complessi, perché i 687 miliardi del Green New Deal non saranno sufficienti.

L’unica via possibile è quella di inquadrare questo stanziamento come “leva” finanziaria per l’attivazione di Partnership Pubblico Private, attivando, come auspicato dalla UE attraverso il suo “Libro Verde sulle PPP”, un mercato europeo all’incirca pari a 3.500,00 miliardi di euro tra oggi ed il 2030.

Ci sono poi vie di “corollario” e supporto, basate su sistemi di premialità per Stazioni Appaltanti, Promotori e Concessionari, senza dubbio interessanti ma da contestualizzare caso per caso.

In definitiva, la complessità aumenterà ma sarà con certezza gestibile.

I mandatori obiettivi di decarbonizzazione fissati da “Fit for 55” rendono più che mai urgente individuare stratagemmi e metodi per accelerare la realizzazione delle reti infrastrutturali necessarie all’abilitazione della Transizione Ecologica.

Immancabilmente si elencano le molte strategie che, integrate tra loro, potrebbero essere adottate per sostenere lo sviluppo delle infrastrutture delle telecomunicazioni (Tlc) e la trasformazione digitale in Italia, tra cui sempre si citano:

  • l’aumento degli investimenti pubblici e privati;
  • la formazione sulle competenze digitali;
  • il sostegno all’innovazione;
  • le partnership pubblico-private;
  • l’adozione di standard internazionali;
  • la digitalizzazione dei servizi pubblici;
  • la sostenibilità ambientale, con un mandatorio ricorso all’uso di energie rinnovabili ed alla riduzione del consumo energetico.

Tutto giusto, peccato che ognuna delle azioni precedenti, anche combinate tra loro, rappresentano un bellissimo disegno onirico, incompatibile con i tempi a disposizione.

È noto a tutti che la lentezza con cui l’implementazione delle reti infrastrutturali avviene è riconducibile e tre “fatti” semplici e reali:

  • l’estrema complicazione legata all’ottenimento dei permessi all’esecuzione dei lavori di costruzione, frutto quasi sempre di prese di posizione burocratiche inutili e della inconsapevole mancanza dello spirito di collaborazione necessario al rapido e normale raggiungimento di obiettivi strategici comuni;
  • la scarsità di manodopera intellettuale e di cantiere sul mercato del lavoro, aggravata dal fatto che gli Operatori ingaggiati dalle varie Stazioni Committenti si contendono le forze in campo “scippandosele” a vicenda e danneggiandosi reciprocamente come i “polli di Renzo” di manzoniana memoria (“Questi polli sono destinati a finir male tutti insieme: sono compagni di sventura ma non trovano di meglio che beccarsi tra loro”);
  • l’incongruenza dei prezzi a cui tutte le lavorazioni vengono appaltate, frutto più che dell’avarizia delle Stazioni Committenti, dall’ignoranza e dalla conseguente sprovvedutezza degli offerenti che, molto spesso, non hanno precisa cognizione di causa di ciò che il Cliente richiede e delle modalità di esecuzione che, giustamente poi pretende ad appalto assegnato.

Tre “fatti” che nessuno ha pubblicamente il coraggio di denunciare, probabilmente per timore di rovinarsi reputazione e piazza e che, come tutti gli atteggiamenti dei “medici pietosi”, tendono a fare “la piaga puzzolente”: “puzzolente” poi per tutti gli stakeholder in campo a partire dallo Stato (che rischia di perdere cospicui finanziamenti), per passare dai Soggetti Attuatori (che non raggiungendo i risultati attesi si renderanno responsabili del possibile fallimento), dai Concessionari (che metteranno a repentaglio i loro conti economici ed il loro prestigio), per giungere agli appaltatori (cui spetterà il “cerino” finale, con penali, esistenze complicate e figure professionali meschine).

Nessuno è il vero colpevole del ritardo e nello stesso tempo tutti lo sono, seppure in misure diverse.

Il tema però non è capire di chi sarà la colpa ma individuare un modo efficace per far si che essa non nasca, perché gli obiettivi saranno raggiunti. 

Ciò sarà possibile solo attraverso l’implementazione di una legislazione in grado di accelerare lo sviluppo infrastrutturale ed il ricorso a strumenti commissariali in grado di affrontare con tutte le leve necessarie quella che a tutti gli effetti è definibile come “emergenza infrastrutturale”.

In termini pratici e riducendo il problema ai minimi termini, le soluzioni indispensabili per risolvere l’emergenza infrastrutturale che caratterizza le reti digitali e realizzarle nel più breve tempo, consistono nella riduzione dei tempi di rilascio dei permessi a costruire dai sei mesi medi attuali a due settimane e nell’incremento dei prezzi pagati per la loro realizzazione, così da ottenere, come indotto, un incremento immediato delle risorse professionali necessarie sul mercato del lavoro.

Accordi “corollario” di qualsiasi tipo, come, a titolo esemplificativo, accordi tra società di ingegneria ed Ordini Professionali o Consorzi di Imprese più o meno in house, sono sicuramente importanti ma del tutto inutili se non si trovano delle soluzioni in grado di influire direttamente sulla filiera operativa.

Tutto ciò senza perdere di vista l’obiettivo della decarbonizzazione che si otterrà anche attraverso l’evoluzione di città ed aree antropiche in Climate Neutral Smart Land.

Sino ad oggi il fenomeno evolutivo delle “City” in “Smart City” si è sempre rivelato solo un esercizio teorico, sia per la mancanza di reti, sia per la mancanza di rientro dell’investimento.

E poiché è anche in questo specifico ambito che le telco ed il loro indotto potranno ricavare in futuro ulteriore creazione di valore ed accelerare il rientro dei loro investimenti sia in rete che in digitalizzazione delle città, servirà studiare strumenti finanziari nuovi, basati sul trading della commodity “carbonio” sul mercato volontario (come già avviene sul mercato regolamentato European Trading System da alcuni anni): strumenti da utilizzare come premio ed incentivazione per chi, attraverso la gestione di buone pratiche antropiche, riduca e/o eviti emissioni di GHG e per chi ne garantisca l’assorbimento e la segregazione permanente.

In questa direzione l’Italia si è già mossa con l’istituzione del primo Registro al mondo per la gestione ufficiale dei Crediti di Carbonio Agro-Forestali, avvenuta il 4 aprile scorso con l’approvazione dell’emendamento 45.6 al disegno di legge 564 (Conversione in legge del decreto-legge recante disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR, nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della PAC): un provvedimento storico che lascia ben sperare a proposito dell’istituzione di Registri analoghi delegati a regolare i Crediti da Riduzione ed Evitata Emissione di GHG.

L’introduzione sul mercato di questi strumenti finanziari, senza alcun aggravio per il Bilancio dello Stato (e, al contrario, importanti introiti per IVA e plusvalenza), sarebbe garantita da transazioni tra possessori di titoli di credito (per esempio un Comune che dimostrasse un abbattimento anno su anno della propria impronta di carbonio grazie all’introduzione di buone pratiche di Smart City) ed acquirenti pubblici o privati che ne avessero la necessità per diminuire la loro Impronta di Carbonio non riducibile in altro modo.


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