“I veri e fondati motivi di un default: dall’impossibilità di recupero e ripristino della vecchia “strada d’la Val” in potenziale “carrareccia-ciclabile” (ipotesi per fortuna scongiurata dal buonsenso dello Stato); all’ipotesi di una “strada di protezione civile” sullo stesso tracciato (risultato raggiunto ma perduto, come il traforo di Coltrondo); al nulla di fatto infrastrutturale in cambio di una negoziazione di fasce orarie già date per scontate nel 2021.
Storia triste di come arroganza e superficialità possano generare danni irreparabili.”
Contesto
In uno dei miei primi post su Facebook in cui ragionavo, nel 2021, a proposito delle preoccupanti e gravi problematiche indotte dalla necessità dell’Anas di attivare un cantiere per la “manutenzione straordinaria della Galleria Comelico”, suggerivo a tutti gli stakeholder coinvolti nella questione (sia pubblici che privati) di agire in modo ordinato e di svolgere il loro ruolo focalizzandosi unicamente sugli interessi specifici insiti nei loro scopi di istituto.
Ricordo che consigliai ai politici ed agli amministratori di occuparsi con determinazione solo di politica, a Comitati ed Associazioni di supportarli, ai vari stakeholder privati di rappresentare civilmente le proprie istanze e le relative preoccupazioni a chi di competenza, evitando, tutti, di entrare negli aspetti tecnici o di avventurarsi nella proposta di soluzioni ingegneria dei trasporti senza averne le necessarie competenze.
Aspetti tecnici e soluzioni di ingegneria infrastrutturale sono materie delicate e specialistiche, non certo discutibili intorno al bancone di un bar, luogo, ove da sempre, tutti si sentono titolati ad essere competenti ed esperti, si tratti di Nazionale di calcio, interventi neurochirurgici o problemi energetici o quant’altro.
Sul tema mi imposti anch’io di non entrare nello specifico, nonostante qualche minima infarinatura in materia di infrastrutture e sistemi di trasporto mi sia stata nel tempo riconosciuta sia sul mercato domestico che su quello estero, perché maturata prima all’Università e poi in tanti anni di impresa nell’ingegneria declinata anche in questi settori.
A tutti, conoscendo la “tuttologia” di molti sconsiderati, consigliai di non sostituirsi agli specialisti ed ai tecnici deputati a individuare e suggerire soluzioni, visto che soluzioni “fai da te”, ancorché apparentemente basate sul buonsenso, alla prova dei fatti si rivelano quasi sempre estemporanee, inapplicabili e/o irrealizzabili perché o tecnicamente non attuabili o incoerenti con normative e standard o non convenienti in quanto non sostenibili in termini di costi/benefici.
Tuttavia, personalmente, condivisi con convinzione la generica richiesta della realizzazione ex novo di una seconda canna, cioè di un tunnel che affiancasse la galleria esistente, senza però mai entrare nella tipologia dell’infrastruttura o nella sua localizzazione, augurandomi che Anas o lo Stato trovassero in qualche modo il budget per finanziarla, anche con l’obiettivo di far evolvere l’attuale Statale 52 Carnica in itinerario europeo di tipo “E”.
Ricordo e rivendico con orgoglio la definizione che coniai da allora in poi per indicare ad Anas ed agli Enti delegati l’obiettivo ultimo da ottenere, senza, volutamente, entrare nei dettagli.
Il Comelico, in sostanza, altro non avrebbe preteso se non la disponibilità – prima, durante e dopo i lavori di manutenzione della Galleria Comelico – di un “collegamento senza soluzione di continuità fisica e temporale” con il Centro Cadore (ovvero, tra le righe, con la sua Regione) “scartando, a prescindere, quello proposto da Anas e basato sull’ipotesi irrealistica di utilizzo del Passo di Sant’Antonio come bypass verso il Cadore”.
Così facendo, intendevo indicare “cosa” il Comelico pretendeva per poter sopravvivere ai disastrosi trend sociali ed economici in atto, evitando di entrare nei dettagli del “come”, lasciando il compito di trovare le soluzioni tecniche più adatte a chi era deputato istituzionalmente a farlo.
Era un modo per rivendicare anche in Comelico il “primato” della politica, provando a rimettere la valle al centro degli interessi più generali, ripartendo dal suo ruolo strategico di “cerniera” tra il resto del Veneto (Provincia di Belluno compresa), Europa e due ambiti amministrativi potenti e speciali come le Provincie Autonome di Trento e Bolzano e la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Al contrario, da subito e come previsto, intorno al bancone del bar fiorirono proposte di vario genere più o meno anacronistiche, nell’ambito delle quali prevalsero quelle più impercorribili e costose, frutto, appunto, della non conoscenza della materia e dell’incapacità di comprendere il significato degli “ordini di grandezza” degli investimenti.
Lo slogan fu “rifacciamo la strada d’la Val”, “Coltrondo non serve”, “è uno scandalo che la vecchia strada sia stata lasciata al degrado” (peraltro, per quest’ultima cosa, dimenticando che avrebbe dovuto essere il Comune di Santo Stefano di Cadore a provvedere al suo mantenimento in funzione!)
L’evoluzione successiva dei fatti non è stata delle migliori, perché, a quanto si legge sulla stampa, Anas ha, più che giustamente, deciso di procedere con i suoi lavori a prescindere; da allora sono passati oltre due anni (perduti in chiacchiere e giochi a rimpiattino); si è perduto del tempo prezioso.
In conclusione, il risultato ottenuto è che oggi ci si accinge ora a negoziare con Anas qualche palliativo al disastro sociale ed economico che comunque si paleserà, vendendo all’opinione pubblica come grande vittoria l’ottenimento di un senso unico alternato giorno/notte già proposto da Anas nei primi mesi del 2022.
È ora di fare chiarezza sulle modalità con cui questa crisi è stata gestita, lasciando traccia di quello che, per quello che è noto, è accaduto dal 2021 ad oggi ovvero da allora a due mesi dall’avvio dei lavori di manutenzione straordinaria della Galleria Comelico e dell’isolamento del Comelico dal Cadore, dalla sua Regione e dai danni socioeconomici che ne conseguiranno.
E’ anche ora di spiegare perché il recupero ed il ripristino della vecchia “strada d’la Val” così come era stato immaginato e progettato dall’Unione Montana non era (e non è) né possibile, né finanziabile, a meno che ogni Comeliano (compresi neonati, scolari, studenti, lavoratori, pensionati ed imprese) non doni all’incirca 13.200,00 euro (questa è la cifra che si ottiene dividendo i circa 90 milioni di euro di costo dell’operazione “recupero d’la Val” per le 6.800 anime che in Comelico oggi risiedono) all’Unione Montana o “all’avente titolo” Comune di Santo Stefano di Cadore, affinché finanzino di tasca loro il recupero ed il ripristino del vecchio tracciato stradale della ex statale 51 tra Ponte della Lasta e Cima Gogna così come progettato, per trasformarlo in una carrareccia-ciclabile non fruibile dai veicoli a motore ma di lusso per i cicloamatori.
La proposta tecnica dell’Unione Montana del Comelico e dei cinque Comuni che la costituiscono
Invece di richiedere e pretendere l’individuazione di una soluzione tecnicamente accettabile ad esperti, nel caso in specie ad Anas ed agli Enti eventualmente competenti, l’Unione Montana del Comelico, con l’assenso delle Amministrazioni di tutti e cinque i Comuni vallivi che la compongono, decise di individuare ed elaborare direttamente una sua proposta tecnica che, in qualche modo, evitasse i danni sociali ed economici che l’isolamento della Valle dal Cadore, generato dalla chiusura della Galleria Comelico per lavori di manutenzione, avrebbe provocato.
Il fatto in sé potrebbe anche apparire eroico e visionario, se non avesse preteso di insegnare agli ingegneri dell’Anas e ad altri (ovvero a coloro che per istituto da sempre si occupano di strade) ciò che avrebbero dovuto fare, surrogandoli dai loro doveri di progettisti perché incompetenti, visto che nella loro ingenuità non avevano già pensato di loro sponte che una soluzione al problema esisteva e bastava solo pescarla con un po’ di buona volontà dal loro cappello magico.
Tale proposta consisteva nel recupero e nel ripristino del tratto di Strada Statale 52 Carnica dismesso dall’Anas nell’agosto 1986, allorquando venne aperto il traffico il nuovo tunnel denominato “galleria Comelico”, compreso tra la località Ponte della Lasta, in Comune di Santo Stefano di Cadore, e Cima Gogna, in Comune di Auronzo; tratto stradale tutto a mezzacosta ed in riva al Piave realizzato a metà del XIX secolo e da sempre denominato in loco “strada d’la Val”.
[E’ fuori tema ma va detto, che con il declassamento di quel tratto di strada da Statale a Comunale il diritto ed il dovere della sua manutenzione passava in capo ai due Comuni di Santo Stefano di Cadore ed Auronzo di Cadore e che se ciò non è stato poi fatto, la colpa non fu certo dell’Anas o della Provincia o della Regione o dello Sato o del Vaticano ma delle amministrazioni locali che si succedettero dal 1986 in poi e che, se certamente hanno la scusante di non averlo potuto fare per mancanza di budget, non potendo farlo, mai, tuttavia, si attivarono per segnalare il problema e per richiedere a chi di dovere i necessari finanziamenti per il mantenimento e la gestione dell’estesa stradale.
Il tratto di statale 52 dismesso venne così pian piano abbandonato, perdendo in pochi decenni ogni tipo di fruibilità a causa della naturale azione che la natura svolge quando le opere dell’uomo non sono oggetto di costante manutenzione e salvaguardia, tanto da dover richiedere per il suo ripristino un progetto ex novo di recupero ed una stima degli investimenti necessari per realizzarne i lavori.
In termini più realistici non si sarebbe trattato affatto di un recupero ma, a tutti gli effetti, ri un rifacimento della strada da zero, motivo per il quale, visto gli enormi costi da sostenere, probabilmente né Anas, né altri considerarono l’ipotesi percorribile.
Era, infatti, evidente un po’ a tutti che l’ordine di grandezza dell’investimento richiesto per il rifacimento dei quattro chilometri della “strada d’la Val” fosse paragonabile a quello che Anas avrebbe dovuto sostenere per la manutenzione straordinaria della Galleria Comelico.
Ad ogni modo e senza molta logica, per raggiungere lo scopo l’Unione Montana affidò ad un Progettista esterno di fiducia l’incarico per la redazione di un “progetto di recupero e ripristino del vecchio tratto della “strada d’la Val”, senza, tuttavia, indicare delle specifiche regole di ingaggio e puntando sul mero ripristino del vecchio tracciato a due corsie realizzato tra il 1838 ed il 1840 ed ipotizzando un suo utilizzo come strada alternativa della Galleria Comelico durante i previsti lavori di manutenzione straordinaria, per poi convertirla in pista ciclabile e ipotizzandone di nuovo l’eventuale utilizzo come viabilità di back up nei casi in cui, per qualche motivo, nel futuro la “galleria Comelico” avesse dovuto essere nuovamente chiusa per qualche motivo.
Il rischio del “fai da te” tecnico e dell’improvvisazione nell’utilizzo dell’ostica materia dell’ingegneria dei trasporti, presto o tardi, si sarebbe rivelato fatale, oltre che enormemente dannoso (come sempre accade agli “apprendisti stregoni” quando si mettono a giocare con formule e pratiche che non conoscono, pensando arrogantemente di sapere tutto di tutto ed emulando, senza saperlo, la cattiva esperienza di Topolino “apprendista stregone” nel famoso cartone animato “Fantasia” di Walt Disney).
Rischio poi, come prevedibile, trasformatosi in un irreparabile danno che, pur giustificabile per ingenuità, impreparazione, velleitarietà e, cosa peggiore, per arroganza e supponenza, ha contribuito:
- allo spreco dei soldi del progetto (oltre 100 mila euro),
- il non ottenimento di alcun risultato (il progetto è irrealizzabile per mancanza del budget necessario),
- la mera posticipazione alla data odierna del medesimo problema che si era posto nel 2021,
- e, soprattutto, il depauperamento del già ottenuto risultato della realizzazione della nuova Galleria di Coltrondo tra Ponte della Lasta e l’abitato di Santo Stefano di Cadore, il cui finanziamento fu sacrificato a favore di questa nuova grande opera, giustificando il sacrifico con l’inutilità di quel tunnel.
Non certo un capolavoro da un punto di vista della gestione istituzionale a livello amministrativo e non certo un risultato da reclamare e pubblicizzare come eccezionale, visto che, in conclusione, oggi la negoziazione con Anas si è ridotta, a quanto si legge sulla stampa, alla mera identificazione di fasce orarie di transito a senso unico alternato con limiti di sagoma e ad illusorie ed irrealistiche richieste, non tanto di opere di mitigazione al territorio (forse le poche cose ancora ottenibili!), ma di detassazioni ed altri provvedimenti erariali strutturali: manco la seppure reale emergenza della Valle non nascesse per un cantiere (fatto comune per quanto fonte di disagio e per una azione antropica diretta), ma a seguito di qualche catastrofe naturale.
Perché il progetto commissionato non era fattibile
Il recupero ed il ripristino della vecchia “strada d’la Val come viabilità simil-statale secondo il progetto fatto redigere dall’Unione Montana era inaccettabile sia da un punto di vista tecnico, sia da un punto di vista finanziario.
L’inaccettabilità si palesava non tanto per l’investimento che avrebbe assorbito (peraltro tutt’altro che irrilevante, visto che “ballava” tra i 70 ed i 90 milioni di euro), quanto per il fatto che il risultato finale ottenuto sarebbe stato compatibile solo con una lussuosa pista ciclabile a due corsie e non certo con una nuova viabilità percorribile dai mezzi di trasporto pubblico e industriale con i flussi di traffico attuali, né durante il cantiere in Galleria, né con continuità in futuro, allorquando si fosse verificata qualche emergenza in Galleria.
È facile capire perché quel progetto non poteva essere preso in considerazione ed ottenere un finanziamento pubblico così com’era, anzitutto perché costava più o meno come i lavori di manutenzione straordinaria della “galleria Comelico” e poi perché il risultato sarebbe stato quello della realizzazione di poco più di una pista ciclabile a due corsie, con caratteristiche incompatibili con qualsiasi parametro trasportistico e di sicurezza di una qualsiasi strada moderna oggetto di nuova costruzione.
Per comprendere questo sarebbe bastato consultare un Manuale dell’Ingegnere o verificare quali fossero i parametri trasportistici da assumere quando si affida un incarico per la progettazione ex novo di una qualsiasi viabilità destinata a servire i flussi di traffico su gomma dei veicoli attuali.
Il “fai da te” in questi casi è pericoloso perché sarebbe come eseguire un intervento chirurgico qualsiasi senza aver mai prima studiato un minimo di anatomia o aver preso in mani un bisturi.
Vale comunque la pena dedicare tre minuti per capire un po’ meglio cosa siano i citati “parametri” trasportistici, riferendoci a quelli che caratterizzano le strade statali, perché, nel caso in specie, di questo caso si tratta.
Le caratteristiche ed i parametri trasportistici delle strade statali – nozioni di base per capire
Le strade statali in Italia sono infrastrutture di rilevanza nazionale che collegano tra loro città, regioni e, talvolta, stati confinanti.
Le caratteristiche tecniche di queste strade possono variare a seconda della loro importanza, ubicazione e traffico previsto, senza peraltro derogare da parametri tecnici e trasportistici studiati da sempre e con chiarezza a livello scientifico e tecnico e poi standardizzati e normati dagli Enti competenti (oggi nazionali ed Europei).
Tra questi parametri, quelli di base sono relativi a curvatura e larghezza, ben definiti in base a normative tecniche che prendono in considerazione la sicurezza, la fluidità del traffico e l’ambiente circostante.
Questi parametri sono essenziali per garantire che le strade siano sicure per i vari tipi di veicoli che le percorrono in qualsiasi condizione.
Tra i “Parametri di Curvatura”, i due più importanti sono:
- il “Raggio di Curvatura”, la cui lunghezza minima è fondamentale nella progettazione stradale e che dipende dalla categoria della strada e dalla velocità di progetto. In generale, per garantire la sicurezza e il comfort di guida, si preferiscono raggi di curvatura maggiori, che possono andare da qualche decina di metri fino a raggi molto ampi per le strade progettate per alte velocità;
- la “Sovra Elevazione”, ovvero l’inclinazione trasversale della carreggiata in curva, progettata per contrastare l’effetto della forza centrifuga sui veicoli. Il valore della sovra elevazione dipende dal raggio di curvatura e dalla velocità di progetto ed è limitato per garantire la sicurezza anche in condizioni di pioggia, neve, ghiaccio o per veicoli a bassa velocità (per esempio un’Apecar).
Tra i “Parametri di Larghezza”, i tre principali sono:
- la “Larghezza della Carreggiata”, che per le strade statali è definita in modo da accomodare almeno due corsie di traffico, una per ogni direzione. La larghezza standard di una corsia è di 3,75 metri per le strade extraurbane principali, ma può ridursi a 3,50 metri o meno in strade di minor importanza o in tratti con vincoli ambientali o urbanistici (come avrebbe potuto essere nel caso di realizzazione di una “nuova” strada d’la Val”);
- le “Banchine”, ovvero le parti della strada adiacenti alle corsie di marcia, destinate a garantire la sicurezza in caso di arresto d’emergenza o guasti. La loro larghezza può variare, ma generalmente si cerca di mantenere una larghezza minima di 1 metro, preferibilmente maggiore in strade ad alto traffico o ad alta velocità;
- lo “Spazio di Arresto e Distanza Visiva”, altro aspetto importante nella progettazione delle curve, perché deve garantire una adeguata distanza visiva, che permetta ai conducenti di vedere chiaramente la strada davanti a loro e di fermarsi in sicurezza se necessario. Questo parametro dipende dalla velocità di progetto e dal raggio di curvatura;
- i “Limiti di Sagoma per Gallerie” che per le gallerie su strade statali (sia scavate che artificiali) sono stabiliti in conformità con le normative nazionali e le specifiche tecniche europee e che, in linea generale, debbono rispettare le dimensioni minime di sagoma libera (altezza e larghezza):
- “l’Altezza” ovvero la sagoma verticale minima libera che deve essere almeno di 4,5 metri. Questo limite è stabilito per accomodare la maggior parte dei veicoli stradali, inclusi i trasporti eccezionali con permessi speciali;
- “la Larghezza” intesa come la larghezza della carreggiata all’interno della galleria che deve essere tale da garantire la sicurezza del traffico veicolare. Per le strade a due corsie, una larghezza minima di 7 metri è spesso presa come riferimento (3,5 metri per corsia), ma ciò può variare in base alle specifiche esigenze di traffico e alla presenza di banchine o marciapiedi. Per le gallerie con più corsie, la larghezza complessiva deve essere adeguata al numero di corsie e alla presenza di eventuali spartitraffico o margini di sicurezza.
- “la Sicurezza e l’Evacuazione”, per le quali, anche nelle gallerie artificiali, sopra una determinata estensione, le normative includono requisiti specifici per l’illuminazione, la ventilazione, le vie di evacuazione e i sistemi di sicurezza antincendio, per garantire la sicurezza degli utenti in caso di emergenza;
- “la Manutenzione e l’Ispezione”, visto che le gallerie devono essere sottoposte a regolari ispezioni e manutenzioni, per assicurare che le dimensioni di sagoma rimangano conformi ai requisiti e che non vi siano ostacoli o danneggiamenti che possano compromettere la sicurezza.
E allora?
Chiunque, anche i non addetti ai lavori (cioè gran parte delle persone di buonsenso), leggendo le sommarie caratteristiche tecniche che dovrebbe avere una strada di nuova costruzione (ancorché da utilizzare per periodi temporali limitati ai tre anni di potenziale chiusura della “galleria Comelico” per manutenzione straordinaria), capirebbe immediatamente che un recupero della vecchia “strada d’la Val” sul vecchio tracciato (ovvero senza rettifiche dei raggi di curvatura e delle gallerie artificiali a suo tempo realizzate a protezione delle incombenti frane che interessavano stagionalmente le carreggiate), oltretutto spendendo investendo all’incirca 90 milioni di euro, non solo non sarebbe stato (e non è) razionale ma nemmeno presentabile a chi di competenza per ottenerne un finanziamento.
Tali richieste sarebbero state ritenute fuori da ogni logica tecnica e di payback dell’investimento (cioè l’investimento non si sarebbe mai ripagato) e, quindi, inammissibili.
Pensare che la progettazione del recupero e del ripristino della vecchia “strada d’la Val” sul vecchio e desueto tracciato (peraltro, per ciò che oggi ne rimane, visto che è quasi totalmente coperto da frane e detriti e soggetto a continue potenziali frane incombenti, o franato per effetto dell’erosione e della caduta dei muri di sostegno realizzati dal 1838 al 1840 dal fiume Piave), al modico costo di circa 90 milioni di euro, da realizzare rapidamente in zona vincolata, potesse essere una soluzione plausibile, beh … può essere fatto ma solo se si ha coscienza dei rischi che si correranno sia in termini di probabilità di successo che di figuracce istituzionali e tecniche.
Presentare progetti “fai da te” senza scienza e coscienza non dovrebbe generare meraviglia, qualora le proposte non venissero prese in considerazione da chi fosse chiamato istituzionalmente a valutare soluzione impraticabili.
Più semplicemente, chi di noi, se fosse stato il “Re del Comelico”, sarebbe stato così sciagurato da investire circa 90 milioni di euro del Regno (22,5 milioni di euro al chilometro!) per realizzare una seppur lussuosa pista ciclabile (non percorribile a regime se non in casi di emergenza) ed i cui costi di manutenzione futura, non certamente irrilevanti, sarebbero stati a carico del Regno?
Credo nessuno, tanto che tutti avrebbero ripiegato su soluzioni alternative, come per esempio chiedere con umiltà ad Anas ed Enti vari un aiuto di qualche altro tipo, contando sulla loro competenza e sulla loro volontà di trovare una soluzione, magari evitando di definire le loro opinioni “barzellette” o di spiegare loro come funziona una rete paramassi (magari nel tuo ruolo di commerciante e senza nemmeno un diploma di perito edile).
La soluzione proposta dalla Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture durante la riunione dell’8 agosto 2022
Nonostante tutto (e nonostante l’approccio “fai da te”), in qualche modo l’8 agosto 2022, grazie al supporto dei deputati bellunesi allora in carica ed della cortesia riservata al Comelico dall’allora Ministro all’Economia e alle Finanze, fu possibile, per la prima volta, presentare ufficialmente alla Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture il citato “progetto di recupero e ripristino del vecchio tratto della strada statale 52 Carnica compreso tra la località Ponte della Lasta, in Comune di Santo Stefano di Cadore, e Cima Gogna, in Comune di Auronzo (la cosiddetta “strada d’la Val)”.
Ne possiamo parlare con cognizione di causa, visto che a quella riunione, organizzata da me, ero presente insieme al Presidente dell’Unione Montana del Comelico, al progettista dell’Unione Montana, ad uno dei nostri deputati allora in carica, al Dirigente della Struttura Tecnica di Missione prof. Giuseppe Catalano, accompagnato da suoi collaboratori, ad una dirigente del MEF (che avrebbe dovuto verificare la finanziabilità di ciò che dalla riunione sarebbe sortito, ai tecnici dell’Anas di Venezia.
Come previsto il progetto dell’Unione Montana (peraltro presentato con grande competenza e sicurezza dal suo estensore) fu definito irrealizzabile (pur senza alcuna polemica), per i motivi giustificati poc’anzi.
Tutto fu giustificato da uno degli ingegneri che accompagnava il prof. Giuseppe Catalano in cinque secondi, attraverso una divisione fatta a mente tra il costo della proposta “fai da te” dell’Unione Montana (del costo di circa 90 milioni di euro) ed i chilometri di estesa dell’intervento (circa 4,0 km).
Sentenziò che sarebbe stato impossibile e da escludere spendere circa 22, 5 milioni di euro al chilometro di oltre venti milioni a chilometro, per realizzare, a tutti gli effetti, poco più di una pista ciclabile di lusso; pista ciclabile, peraltro, non presente nell’ambito del progetto “EuroVelo”, quello che prevede la realizzazione della rete ciclabile europea, un progetto del ECF (European Cyclists’ Federation www.ecf.com ) che prevede, a regime, una rete infrastrutturale ciclabile di oltre 70.000 km (di cui 40.000 km già realizzati).
Tuttavia, seduta stante, venne proposta dal prof. Giuseppe Catalano una alterativa possibile e certamente finanziabile, perché meno costosa di quella presentata dall’Unione Montana e realizzabile abbastanza celermente, bypassando i tempi di autorizzazione canonici che in questi casi, spesso, minano e distruggono ogni possibilità di costruzione.
La proposta consisteva nella realizzazione sul vecchio tracciato della “strada d’la Val” di una strada definita di “protezione civile”, così da evitare, grazie ad un decreto del Dipartimento della protezione Civile della Presidenza del Consiglio, gran parte degli iter di approvazione da parte degli organi ambientali, e che:
- insistesse su una sola corsia del vecchio tracciato della “strada d’la Val” (idea edificante e straordinaria, perché almeno sembrava coerente con le intuizioni originarie dei nostri eroi “apprendisti”),
- fosse realizzata per stralci funzionali e temporali, in parallelo e di concerto con lo sviluppo del cantiere ANAS di manutenzione straordinaria della Galleria Comelico,
- potesse essere utilizzata temporaneamente come strada a servizio del cantiere Anas;
- fosse utilizzabile dagli utenti come corsia a senso unico in un senso o nell’altro anche durante l’esecuzione del cantiere Anas in “galleria Comelico”, mantenendo una corsia libera percorribile in senso opposto “senza soluzione di continuità fisica e temporale” all’interno della “galleria Comelico” durante l’esecuzione dei lavori di manutenzione (così da garantire il collegamento Comelico – Centro Cadore e viceversa per tutta la durata del cantiere Anas);
- fungesse, a regime, da terza corsia di sicurezza della “galleria Comelico”, grazie a dei tunnel trasversali realizzati in roccia a collegamento tra “galleria Comelico” e la nuova corsia recuperata e ripristinata della vecchia “strada d’la Val”, così da garantire, successivamente, la sua manutenzione grazie al gestore ANAS;
- potesse, a regime ed in condizioni di non “emergenza”, essere utilizzata come pista ciclabile, abilitando la fruizione naturalistica e sportiva del Canyon del Piave tra Ponte della Lasta e il Lago del Comelico per tutta l’estesa fino a Cimagogna.
La soluzione proposta dalla Struttura Tecnica di Missione dimostrava d’emblée che sarebbe stato meglio rivolgersi direttamente e subito al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, in coerenza con il fatto che tutti avrebbero dovuto occuparsi dei loro scopi di istituto in luogo di trasfigurarsi, come è stato fatto dall’Unione Montana, in novelli ingegneri e progettisti, per quanto attraverso l’incarico a tecnici di fiducia esterni (oltretutto, senza dare loro sufficienti regole di ingaggio e limiti di spesa).
La proposta della Struttura Tecnica di Missione era ottima ma abbisognava solo di:
- adattamenti tecnici del progetto da realizzare a cura questa volta dell’Unione Montana ma con l’egida di Anas, al fine di rendere congruenti e sinergici i due cantieri di realizzazione del recupero della “strada d’la Val” e di manutenzione straordinaria della “galleria Comelico”;
- rivedere la progettazione in modo che i costi del recupero e del ripristino di una delle due corsie della vecchia strada fosse contenuto in 50 milioni di euro (12,5 milioni di euro a chilometro), magari anche pensando di utilizzare il riempimento dei nuovi muri di controripa come deposito permanente dei materiali di risulta delle lavorazioni in galleria. Obiettivo senza dubbio possibile a livello tecnico, visto che si sarebbe realizzata ex novo una sola corsia stradale di larghezza mai superiore ai 4,5 metri compresa la banchina di valle;
- concordare con Anas una posticipazione dell’avvio dei lavori di manutenzione straordinaria della “galleria Comelico”, così da poter evitare i disagi per chiusure anche solo temporanee del traffico attraverso il tunnel. Posticipazione poi che è comunque avvenuta, visto cha da agosto 2022 il cantiere fu, per mille ragioni, posticipato a marzo 2024, senza però che progetto e recupero del primo tratto di una corsia della vecchia “strada d’la Val” sia stato attuato.
Ed ora?
E’ difficile stabilire perché a livello locale questa bellissima idea non sia stata implementata, rivedendo subito il progetto inziale del progettista di fiducia dell’Unione Montana sulla base dei suggerimenti ricevuti durante la riunione al Ministero dell’8 agosto (magari gli amministratori si sarebbero aspettati un intervento dell’Anas a cui certo non spettava il compito di intervenire su un progetto elaborato di sua iniziativa dall’Unione Montana), per poi ripresentarlo alla Struttura Tecnica di Missione del MIT nel successivo autunno.
Forse i motivi che hanno suggerito la non percorrenza della via suggerita potrebbero essere ricondotti alla prematura conclusione della XVIII Legislatura nel settembre 2022 fu posta, perché con la caduta del Governo si persero le tracce degli accordi definiti con la Struttura Tecnica di Missione e con il MEF nel precedente agosto.
Dopo la fiducia al nuovo Governo a fine ottobre 2022 e la nomina del nuovo Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, il 23 novembre 2022 su esplicita richiesta del Presidente dell’Unione Montana fu da organizzato da me, grazie al supporto del Capogabinetto del nuovo Ministro, un ulteriore incontro presso il MIT, a cui parteciparono oltre a me, i rappresentanti della Struttura Tecnica di Missione (ancorché questa fosse ancora priva del Responsabile chiamato dal nuovo Ministro), i rappresentanti dell’Anas, il Presidente dell’Unione Montana del Comelico e la Vicesindaca del Comune di Santo Stefano di Cadore.
Il capo delegazione della Struttura Tecnica di Missione confermò la volontà di mettere in pratica quanto concordato nella precedente riunione dell’8 agosto ma comunicò che per volontà di Anas i lavori avrebbero dovuto iniziare prima o al massimo in contemporanea con la realizzazione del recupero della corsia di monte della vecchia “strada d’la Val”, qualora il nuovo progetto fosse stato pronto e concordato con Anas.
Ciò provocò un certo sconcerto tra gli astanti perché, anzitutto la revisione del progetto originario predisposto dall’Unione Montana non era stata fatta, poi perché venne comunicato che l’ipoteco recupero di una corsia della “strada d’la Val” non sarebbe stato propedeutico all’avvio del cantiere in Galleria.
Il disagio non durò molto, perché la tranquillità per Presidente dell’Unione Montana e Vicesindaca tornò quasi subito e dopo un incontro fotografico con il Ministro (le cui foto furono immediatamente pubblicate dai giornali).
Dopo quell’incontro con il Ministro la Vicesindaca probabilmente diede la questione per risolta, chiedendomi dapprima di prepararle una breve nota da inviare direttamente al Ministro (cosa che io feci volentieri e che le consegnai via mail i primi di dicembre), poi mi scrisse uno strano ed arrogante messaggio attraverso il Social WhatsApp, in cui ci informava che avrei dovuto “… conquistare la sua fiducia …”
Non mi spiegai il perché di tanta irriconoscenza e, da gennaio 2023, decisi di non occuparci più direttamente dei problemi potenzialmente derivabili dal cantiere Anas di manutenzione straordinaria della “galleria Comelico”, lasciando a chi era stato legittimamente eletto l’onere ed aveva ricevuto opportune rassicurazioni direttamente dal Ministro, l’onore di realizzare nella pratica le promesse che diceva di aver ricevuto.
Da quanto si legge sulla stampa in questi giorni, non solo della strada di “protezione civile” non si parla più ma sembrerebbe che le promesse del Ministro fossero relative alla garanzia che i lavori di manutenzione straordinaria della “galleria Comelico” sarebbe sicuramente stati eseguiti.
Staremo a vedere come questa triste storia finirà e quanto il Comelico saprà essere resiliente ai disagi che per arroganza e superficialità, gli sono stati arrecati da chi avrebbe dovuto gestire una cosa così complessa con l’aiuto di tutti … per ciò che può valere, anche con il mio (che dal 2021 in poi è sempre stato privo di interessi diretti e, soprattutto gratuito, se non addirittura a spese mie).